Né telelavoro né Smart Working: la crisi sanitaria correlata al Covid-19 ha portato nelle case italiane una forma di impiego “nuova e ibrida” difficile da definire. Ne è convinta Fiorella Crespi, Direttore dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, secondo cui sarebbe più appropriato parlare di “lavoro da remoto”.
Il motivo è semplice. La modalità lavorativa nata durante questa emergenza non tiene in considerazione i due pilastri su cui lo Smart Working si fonda: oltre a non rispettare “la piena flessibilità nella scelta degli spazi e dei tempi di lavoro” non implica il “vero salto culturale e la svolta nell’organizzazione aziendale” che il lavoro agile invece prevede.
Anche a livello burocratico, sebbene l’Italia possa vantare “una delle leggi più evolute e mature”, nelle ultime settimane non c’è stata nessuna revisione contrattuale ma solamente l’attuazione di una serie di “procedure semplificate” che si sommano alla mancanza di dotazioni informatiche idonee per lavorare con efficienza lontano dall’ufficio.
In un mare di incertezze e definizioni dubbie, però, non mancano aspetti positivi, premesse che fanno ben sperare per gli anni avvenire. Anche i più scettici si sono ricreduti, come confermano le parole di Fiorella Crespi: “Stiamo assistendo a quel cambio di mentalità che rappresenta il primo passo verso un’evoluzione del mercato del lavoro”.
Maggiore produttività e continuità aziendale anche durante i momenti difficili: questi i vantaggi più evidenti dello Smart Working, a cui un numero crescente di imprese e Pubbliche Amministrazioni sta imparando a guardare senza pregiudizi.
Per il futuro, i passi da compiere sono tre. “Occorre una formazione specifica, non solo dei lavoratori coinvolti ma dei manager con cui si rapportano. Servono anche dotazioni tecnologiche, che non sono scontate: gli smart worker devono poter accedere, in completa sicurezza, agli applicativi aziendali. Infine, è necessario sottolineare e far conoscere gli aspetti postivi dello Smart Working per il benessere dei lavoratori”, ha concluso l’esperta che ha parlato a Open Innovation, la piattaforma di Regione Lombardia.
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