“Una delle sfide più cruciali è di innovare alle fondamenta i sistemi educativi. Innovare è difficile perché significa fare qualcosa che per la gente non è così semplice. Significa mettere in discussione ciò che diamo per scontato, le cose che pensiamo siano ovvie”.
Torniamo a parlare di formazione, apprendimento, scuola sulla scorta delle parole di Ken Robinson e Alessandro Baricco.
Rinnovare la scuola vuol dire anzitutto ripensare il metodo di insegnamento: raccontare il processo di apprendimento come viaggio, mettere continuamente alla prova, rispettare tempi e modi per imparare ovvero personalizzare i percorsi didattici. Vuol dire passare da uno schema lineare di formazione a un modello ‘organico’ che assecondi lo sviluppo della persona.
Una questione di metodo
Mai come oggi l’Italia si è trovata così in ritardo nella formazione. È un problema di metodo, secondo Alessandro Baricco. Per ripensare il mondo dobbiamo iniziare dalla scuola e per ripensare la scuola dobbiamo partire dal metodo: cosa insegniamo e perché?
La domanda è sempre più urgente perché i bambini e i ragazzi sono profondamente cambiati da come eravamo noi, sono più veloci, più attivi, più maturi. Sono ‘nativi digitali’ e percepiscono la scuola, la didattica verticale, come estranea alla propria esperienza del mondo.
Il ‘perché’ della scuola
Non v’è dubbio, sostiene Baricco, dobbiamo imparare a raccontare agli studenti il viaggio che stanno intraprendendo. Ecco, l’apprendimento come viaggio, come avventura, come muoversi da qui a lì intrecciando percorsi diversi e personalizzati. Perché avere punti di partenza e di arrivo ‘visibili’ nella formazione serve a motivare gli studenti.
Ma ci devono anche essere momenti di verifica. Questi ragazzi nello sport e nei giochi vivono di prove. Hanno bisogno di sperimentare e di essere messi alla prova perché anche la verifica dà soddisfazione e indica uno scopo.
Talenti diversi e percorsi didattici diversificati
Alla voce di Baricco si aggiunge quella di Sir Ken Robinson: oggi c’è una crisi di risorse umane. Perché? perché i sistemi formativi tendono a standardizzare e uniformare i percorsi didattici mentre talenti e abilità sono diversi. Di più, le comunità umane si reggono sulla diversità dei talenti, non su una singola concezione di abilità.
Per rinnovare la formazione dobbiamo personalizzarla. Dobbiamo passare da un modello industriale di formazione, basato sulla linearità sul conformismo e sulla segmentazione delle persone, a un modello basato sui principi dell’agricoltura.
Dobbiamo riconoscere che la crescita dell’essere umano non è un processo meccanico ma organico. E tutto quel che possiamo fare, come un agricoltore, è creare le condizioni entro le quali cominceranno a crescere e a svilupparsi le persone.
Rivoluzionare la formazione
Ribaltare il punto di vista è quello che dobbiamo fare, suggerisce Baricco, invertire il procedimento: “nei paesi anglosassoni hanno avuto il coraggio di invertire lo schema. Il docente registra una lezione perfetta, che i ragazzi guardano a casa. A scuola fanno i compiti, tutti insieme, sveltiscono i tempi e riescono a capire il ‘perché’ di quello che stanno imparando. Questo li aiuterà nel mondo del lavoro, che apprezza chi sa raccontare, chi sa seguire un flusso di informazioni, mescolandole come quando si consultano i link, senza un percorso lineare, ma un inizio e una fine, a più livelli, come un videogame”.
È il metodo della classe capovolta, orientato all’apprendimento collaborativo ed esperienziale tra pari e guidato dal docente-tutor. Un metodo che anche nelle scuole italiane comincia a muovere i primi passi, tra molte polemiche e pochi compromessi.
L’idea è ribadita da Robinson che insiste sullo sviluppo delle attitudini e della creatività della persona in un sistema di formazione capace di offrire percorsi personalizzati e guidati: “non è questione di adattare una nuova soluzione; è questione di creare un movimento nell’educazione nel quale le persone sviluppino le loro soluzioni, ma con il supporto esterno a un percorso personalizzato”.
La tecnologia alla base del metodo
Le nuove tecnologie digitali sono gli strumenti che rendono possibile questa rivoluzione: dispositivi mobili, piattaforme di gestione della didattica e soprattutto la connessione alla rete h24 permettono di modulare l’apprendimento secondo i ritmi di ciascuno. Ma, sottolinea Robinson, resta la figura chiave del docente: “in questa sala, ci sono persone che rappresentano risorse straordinarie nel business, nel multimedia e in internet. Queste tecnologie, combinate con talenti straordinari di insegnanti, forniscono l’opportunità di rivoluzionare l’educazione”.
La scuola può e deve essere il teatro di questo cambiamento radicale, una scuola aperta come la prefigurava nel 1916 John Dewey, “una comunità in miniatura, che ha un’interazione continua con altre occasioni di esperienza associata al di fuori delle mura della scuola”.
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