Abbiamo intervistato sul tema tecnologie digitali Annalisa Pozzi: specialista di stenografia al computer, ha insegnato per anni trattamento testi nelle scuole superiori. Attualmente è in forze all’Istituto De Simoni di Sondrio dove insegna informatica applicata agli studenti del primo biennio.
Tu insegni informatica: puoi dirci anzitutto con quali strumenti lavori in classe?
La lezione si svolge nel laboratorio informatico: quindi ciascun alunno ha la sua postazione. Ci sono i computer, un proiettore, la connessione di rete e un programma di gestione della rete didattica multimediale.
Probabilmente il prossimo anno scolastico proverò a utilizzare anche un’altra tipologia di software per la gestione delle classi virtuali offerta dalla piattaforma Google Class Room.
Preparo le verifiche attraverso sistemi automatici Cloud che permettono di creare le prove di valutazione, di somministrarle online e di analizzarne i risultati con grafici e statistiche.
E tutto funziona …?
Sì. Certo che tanto i computer quanto la connessione devono funzionare perfettamente altrimenti è un bel problema. Perderei l’ora e per un docente che ne insegna due a settimana per classe …
Come prepari le tue lezioni?
Preparo a casa le slide con la presentazione generale dell’argomento che intendo trattare in classe. Cerco i siti web che offrono gratuitamente materiali didattici – ce ne sono di ottimo livello – da proporre come percorso di studio e approfondimento della lezione. Da questi siti attingo molto per costruire, vivacizzare e semplificare o ampliare le mie spiegazioni. Uso poco il cartaceo in classe, il libro di testo è uno degli strumenti per lo studio domestico.
Quindi le famiglie potrebbero fare a meno di acquistarlo?
È una questione delicata. Il libro è una base dalla quale partire ma non è mai l’unico strumento. È importante averlo soprattutto perché si può essere sprovvisti, anche solo temporaneamente, della connessione di rete o del pc: dove si studia? sul libro di testo.
E come si svolge la lezione in laboratorio?
Allora, faccio la mia presentazione con le slides per introdurre gli argomenti, per esempio come navigare, come cercare informazioni nel web, come impostare il browser. E poi in classe i ragazzi provano ad applicare quanto appreso utilizzando strumenti diversi. Infine assegno dei compiti: ricerche da svolgere a casa o, meglio ancora, percorsi di approfondimento o di tipo applicativo da seguire anche fuori dalla scuola.
Quindi il tuo è più un ruolo di facilitatore dell’apprendimento …
Anche, cerco di formare i miei alunni a un utilizzo consapevole delle risorse di rete e delle tecnologie digitali. E lo faccio mettendoli direttamente alla prova, a contatto col web e con gli strumenti di ricerca, anche per avvicinarli a un mondo che non deve essere distante dalla scuola: in questo modo si rendono conto che quello che studiano e come studiano è proprio quello che si fa fuori dall’aula.
È un po’ il metodo della flipped classroom, la classe capovolta: spostare il fuoco dell’insegnamento dalla spiegazione ex cathedra all’apprendimento del singolo, con i suoi tempi e i suoi modi.
Sì, il momento della spiegazione – che c’è e deve esserci – è sempre breve e seguito dagli approfondimenti individuali, che ciascuno studente svolge autonomamente, come messa in pratica di quanto spiegato.
E il metodo funziona?
Certo, anche per chi è assente, per chi vuole rivedere quello che si è fatto in classe, per chi non ha capito.
Qual è il ritorno che hai dagli studenti? Apprezzano quello che fai, ti sembrano interessati?
I ragazzi generalmente sono coinvolti, utilizzare le tecnologie digitali rende protagonisti dell’apprendimento, non destinatari passivi di un insegnamento lontano. Apprendono con modalità e strumenti che poi ritrovano nella vita reale, che li avvicinano al mondo qual è.
E a fine anno il risultato si vede? In termini di efficacia dell’insegnamento che riscontro hai?
Ma, guarda, nell’anno scolastico appena trascorso su 9 classi di circa 25 studenti l’una non ho dato più di 2-3 debiti per classe. Un buon risultato. Però mi rendo conto che insegno una materia privilegiata, con strumenti che piacciono. Anche quando l’argomento riguarda temi che non interessano (per esempio l’Agenda digitale italiana, le norme sulla sicurezza o sul copyright) alla fine i ragazzi seguono lo stesso.
Cosa ci dici del registro elettronico? Sappiamo che nella tua scuola l’avete usato in tutte le classi …
Dapprincipio c’era una certa perplessità, se non resistenza, all’uso di questo strumento. Ma il nostro Dirigente l’ha voluto con forza e così l’abbiamo usato. Certo, io stessa all’inizio mi facevo delle stampe per essere sicura in ogni caso di avere copia di tutti i dati. Perché con 9 classi non posso certo ricordarmi di tutti gli studenti! Poi, però, siamo rimasti tutti contenti; anche i docenti più anziani e meno avvezzi agli strumenti informatici alla fine erano soddisfatti, anzi proprio positivi: “Ah, efficiente il registro elettronico!”
A tuo giudizio cosa bisognerebbe fare per introdurre le tecnologie digitali nella scuola? Che consigli ti sentiresti di dare?
I docenti andrebbero guidati, aggiornati e affiancati molto di più perché possano utilizzare al meglio questi strumenti. Non basta il corsettino d’aggiornamento di qualche ora tenuto dal ragazzo o dalla ragazza di turno esterno alla scuola. È sicuramente un metodo di insegnamento da applicare ad altre materie. Ma per lavorare così serve più tempo. È inevitabile.
Qualche suggerimento che potresti dare su dove aggiornarsi, dove reperire indicazioni, materiali per la didattica eccetera?
Io mi appoggio tantissimo a Didasca (The First Italian Cyber Schools for Lifelong Learning), che ha sede proprio qui a Sondrio. È un’associazione culturale che si occupa di certificazioni informatiche e di formazione nell’ambito delle tecnologie digitali. Per i docenti è utilissima, sul suo sito si trovano percorsi di formazione e aggiornamento online in un mondo, quello della scuola, in cui questo modo di fare formazione è ancora lontano, dove per fare aggiornamento devi ancora spostarti fisicamente.
Quali sono le maggiori criticità che puoi evidenziare?
Il problema maggiore è proprio quello del tempo. La scuola italiana non è il college, dove studenti e docenti vivono insieme nel campus e lo studente può incontrarsi col professore in qualsiasi momento della giornata per chiedere chiarimenti. Vedi gli alunni nelle tue ore e poi basta, spariscono tutti. Ci vorrebbe più tempo. E poi c’è il rischio dell’eccessiva condivisione, disponibilità. Se concedi ai ragazzi di contattarti con la mail o con i social network non ne vieni più fuori, non hai più il tuo tempo, vieni fagocitato dalle loro richieste 24 ore su 24. E infine ci sono i genitori, che non sempre apprezzano quello che fai e come lavori, ma spesso ti dicono quello che dovresti fare o avresti dovuto fare …
In conclusione …?
Le tecnologie digitali sono una risorsa, un aiuto prezioso anche perché ti permettono di coinvolgere attivamente i ragazzi, che sono sempre più distratti da altre cose e sempre meno interessati all’insegnamento, almeno alla classica lezione frontale. Resta però fondamentale valutare di volta in volta come fare lezione. È determinante la flessibilità, bisogna saper valutare il contesto specifico e alternare metodi diversi di insegnamento.

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