Morti bianche: lo scorso 11 ottobre l’Inail ha celebrato la settantesima Giornata delle vittime sul lavoro. Il presidente, Franco Bettoni, ha descritto la situazione degli infortuni da inizio anno al 31 agosto, evidenziando che l’emergenza sanitaria ha influenzato non poco l’andamento infortunistico. Vediamo come.
I numeri delle morti bianche
Nei primi 8 mesi dell’anno le denunce di infortunio sono scese del 22,7% rispetto al 2019. La ragione è dovuta principalmente al lockdown della scorsa primavera e alla successiva difficoltà di ripresa di molte aziende. Le denunce sono state 322.132, di cui 52.000 dovute alla Covid-19.
Sempre nello stesso periodo sono aumentate le morti sul lavoro del 20,1%: 823 decessi, circa una persona ogni 8 ore. Di queste morti 303 sono legate al virus; a morire sono stati soprattutto gli uomini (l’84%, ovvero 254).
Circa il 70% dei contagi sul lavoro riguarda operatori socio-sanitari. Il restante 30% invece riguarda aziende che non si sono fermate durante il lockdown.
L’effetto Covid si fa sentire dunque proprio nel solo settore sanitario e assistenziale. Le denunce di infortunio sono salite del 124%, con punte oltre il 500% a marzo e oltre il 450% ad aprile. Due su tre riguardano il contagio da Covid.
Le morti bianche sono un crimine di pace
Un’inchiesta di Repubblica mette a nudo la scarsa responsabilità a riguardo del nostro paese, della classe dirigente in particolare. “Morti bianche”, “denunce con esito mortale”: parole che, nella loro freddezza, non rendono giustizia alle vittime.
Bruno Giordano, il giudice che ha firmato quasi tutte le sentenze di Raffaele Guariniello, parla di “crimine di pace”. Crimine, appunto, perché non c’è la volontà, anzitutto politica, di fermarlo:
È un crimine di pace e sa perché non si riesce a frenarlo? Perché i morti non votano
Una legislazione incompiuta
Dal DL 626/94 alla Legge delega 123/07 e al successivo TU fino al Jobs Act del 2015 la legislazione italiana sulla SSL sembra rincorrere tardivamente le direttive europee. Resta uno “scollamento tra regole formali e tutele sostanziali”, osserva Maria Giovannone dell’Associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi del lavoro.
C’è una confusione di ruoli e competenze – si legge nell’inchiesta – tra Stato, Regioni, Ats, Ispettori del lavoro, Inail, Inps… e continua a mancare, spiega Giordano, un’autorità unica per la sicurezza sul lavoro.
Irregolarità da record
Ci sono aziende che nel volgere di poche settimane ricevono tre ispezioni da organi diversi. E ci sono aziende che non ne ricevono mai.
Nel 2019 l’attività ispettiva ha riguardato 142.000 aziende di cui 99.000 sono risultate irregolari. Su 18.466 accertamenti definiti, 15.859 aziende sono risultate fuori norma: il tasso di irregolarità è dell’86%!
Bisogna cambiare prospettiva, conclude Giordano, non basta controllare se le scarpe dell’operaio sono a norma. Bisogna approcciare la sicurezza come parte integrante dell’organizzazione aziendale.
La sicurezza non è più un concetto sanitario ma organizzativo
Per una cultura della sicurezza organizzativa, quindi, è importante formare bene anche le figure di responsabilità della SSL interne all’azienda.
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