Torniamo a parlare di social learning: che cos’è? a cosa serve? come si fa? E quali problemi pone alle aziende adottare il modello social per la formazione?
Che cos’è il social learning
È un ambiente di apprendimento (e di lavoro) collaborativo e partecipato, stimolante e sociale appunto.
Una definizione più tecnica è quella di Stefano Besana: il social learning è l’applicazione dei criteri del social business alle strategie di gestione del personale e ai processi di apprendimento. È quindi un’evoluzione del e-learning tradizionale immerso in un ambiente condiviso, collaborativo e sociale che fa proprie le logiche delle e-community.
A cosa serve un ambiente di apprendimento social
Anzitutto il social learning contribuisce a rendere autonomo e spontaneo il processo di formazione: la persona dispone di contenuti, canali e strumenti per accedere alla formazione e consolidarla attraverso il confronto con gli altri e la pratica lavorativa.
In questo modo si è coinvolti in quelle dinamiche di condivisione e innovazione che contribuiscono a far crescere l’azienda: le persone restano, non se ne vanno, sono motivate e s’impegnano a mettere in campo e in comune competenze e abilità.
Come si fa il social learning
Non ci sono ricette, soluzioni tecnologiche, kit di strumenti per costruire un ambiente di social learning. Non si tratta di aggiungere i social media al campo della formazione.
Ma ci sono tre cose che concorrono a creare un ambiente di formazione social:
- il LMS, per gestire i percorsi di formazione, erogare i contenuti e tracciare le attività di apprendimento
- il CMS, l’interfaccia utente per creare e condividere i contenuti e formalizzare gli scambi informali
- le comunità, o meglio, le reti di pratica, per facilitare l’interazione, la comunicazione, la collaborazione.
Un esempio di ambiente social è descritto qui.
Facciamo però attenzione: attivare un processo di social learning comporta una pianificazione molto attenta non solo dell’ambiente di apprendimento e della community ma soprattutto del mantenimento costante dell’ambiente e della community.
Cosa c’è a monte del social learning
Il social learning è per sua natura informale e poco pianificato: come può adattarsi a un contesto di formazione spesso formale, rigido e soggetto a controllo?
Federica Garbolino ci spiega che occorre un vero cambiamento culturale perché si possano creare condizioni di apprendimento tali da superare la classificazione rigida tra formazione, lavoro, comunicazione, knowledge management.
Occorre, in sostanza, tornare a puntare sulle persone, sulla loro motivazione e intelligenza, sulla loro capacità di farsi coinvolgere nelle dinamiche di crescita dell’azienda.
Quali problemi pone alle aziende
Sempre secondo la Garbolino ci sono tre fattori che limitano l’evoluzione dell’apprendimento verso un modello di conoscenza ‘partecipata’:
- la differenza tra sistema aperto e sistema chiuso: è diverso l’uso degli strumenti e delle tecnologie social in un contesto aziendale, gerarchico e rigido, piuttosto che in quello del web, libero e aperto. Molti progetti di social learning falliscono proprio perché non si è pensato come e con quali strumenti stimolare le persone a partecipare;
- la difficoltà psicologica: le persone non si sentono pronte a esporsi sui media aziendali, temono di essere giudicate e valutate, non hanno tempo per contribuire, non capiscono quale vantaggio ne possono trarre. Per questo è molto importante preparare le giuste condizioni per far funzionare un progetto di social learning: investire sull’engagement, la comunicazione, la formazione culturale ai nuovi valori;
- la difficoltà di governance: le aziende non hanno ancora un modello per governare le dinamiche di social learning. Cercano un punto di equilibrio fra l’esigenza di gestire procedure, pratiche, regole e quella di dare spazio alle spinte innovative e informali per essere al passo con i tempi. Spesso ripiegano su soluzioni di compromesso oppure confidano, e investono, nelle tecnologie.
La chiave di volta è invece quella di ripensare il patto tra azienda e individui, ricercare la chiarezza e la coerenza nella comunicazione, riconoscere il tempo dedicato alla collaborazione.
Occorre insomma fare un salto, di cultura e di mentalità: e la tua azienda è pronta ad affrontare questo cambiamento?
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.